Arezzo, Confcommercio su nuova legge dell’agriturismo: “Non va legalizzata la concorrenza sleale”
La Confcommercio della provincia di Arezzo esprime totale riprovazione per le premesse che hanno portato la Regione Toscana ad approvare quasi senza modifiche la nuova legge regionale sull’agriturismo. Questo nonostante l’associazione di categoria del terziario avesse ostacolato in tutti i modi l’iter di approvazione della legge, prima sollecitando gli imprenditori dei pubblici esercizi ad inviare mail di protesta al presidente Martini e agli altri membri della Sua Giunta, poi riuscendo a bloccare il 22 dicembre scorso la seduta del Consiglio regionale.
Di fatto con la nuova legge i ristoranti degli agriturismo non rispetteranno la medesima normativa igienico-sanitaria di tutti gli altri locali, avranno costi inferiori di gestione e potranno addirittura vendere pacchetti di viaggio tutto compreso in aperto contrasto con la normativa turistica.
Legittima la vibrata protesta del direttore dell’Ascom di Arezzo Franco Marinoni: “qualcuno deve spiegarci perché queste differenze di trattamento fra imprenditori agricoli e ristoratori tradizionali, anche in nome dei consumatori”. E’ allora importante il ruolo delle componenti aretine di Confcommercio e Coldiretti regionale per aprire un tavolo di confronto che porti ad una modifica di legge soddisfacente per tutte le parti. “Perché la situazione che emerge dalla nuova legge non è assolutamente accettabile. Sotto scadenza elettorale non è un atto di lungimiranza l’approvazione di un provvedimento così iniquo e penalizzante per una delle categorie più importanti per l’economia regionale
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“Consentendo agli agriturismo di fare ristorazione a chiunque, non più soltanto ai propri ospiti, di fatto si legalizza quel fenomeno di concorrenza sleale che noi abbiamo sempre stigmatizzato - dice il direttore Franco Marinoni - a rimetterci però non saranno solo i ristoranti tradizionali, ma gli stessi consumatori, che si troveranno ad avere a che fare con un mercato confuso e sbilanciato”.
“Se, infatti, la Regione ha recepito nella nuova legge la nostra richiesta di obbligare anche gli agriturismo ad indicare nel menù la provenienza dei prodotti usati, come fanno i ristoranti - spiega Marinoni - non ha invece accolto quella relativa all’obbligo di rispettare le medesime condizioni igienico-sanitarie degli altri locali”.
“Non si capisce perché si debbano adottare due pesi e due misure - continua il direttore della Confcommercio - forse che la salute dei consumatori vale meno dentro un agriturismo?”
Secondo l’associazione di categoria del terziario rimangono poi aperte altre questioni: “Intanto, quella dei costi: i ristoratori tradizionali devono pagare costi fissi, compreso quello del personale, molto superiori rispetto agli imprenditori agricoli, che per giunta godono di varie sovvenzioni. Inoltre, la nuova legge permette agli agriturismo di vendere addirittura pacchetti di viaggio, con attività ricreative comprese, in aperto contrasto con la normativa che prevede l’obbligo di rivolgersi ad un’agenzia di viaggio, la sola che può offrire al consumatore adeguate garanzie. Agli alberghi invece è vietato vendere altri servizi, fosse anche una visita guidata della città, insieme al pernottamento. Qualcuno - conclude il direttore della Confcommercio - ci deve spiegare perché deve esistere questa disparità di trattamento degli imprenditori”.
A questo punto, la provincia di Arezzo potrebbe avere un ruolo determinante allo scopo di trovare un accordo tra le parti tale da arrivare ad una opportuna modifica della legge. Sono infatti aretine le componenti più importanti e influenti delle due categorie: è aretino il presidente di Coldiretti Toscana Tulio Marcelli, così come sono aretini molti componenti del consiglio direttivo di Confcommercio Toscana. “Ci impegneremo - conclude il direttore di Confcommercio Marinoni - ad aprire un tavolo di confronto per dirimere al più presto la questione, sulla quale, per adesso, le posizioni di Confcommercio e Coldiretti sono e restano lontane. Perché la situazione che emerge dalla nuova legge non è assolutamente accettabile. Sotto scadenza elettorale non è un atto di lungimiranza l’approvazione di un provvedimento così iniquo e penalizzante per una delle categorie più importanti per l’economia regionale”.