Roma. Giovanna d’Arco al Rogo. La centunesima stagione del Santa Cecilia si apre nel fuoco.
20 Ott 2008 | Segnalati, Spettacolo, Gli Articoli di EOS
Un importante inizio di stagione sinfonica per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: all’Auditorium; parco della Musica, dal 12 al 14 ottobre 2008 è stato messo in scena Jeanne d’Arch au bûcher di Arthur Honegger.
Questa partitura del 1953 di Honegger con testo di Paul Claudel è un’evoluzione della storia dell’opera. Un vero sincretismo tra le arti sceniche più che un semplice connubio.
di Rossana Calbi
Scelta moderna quella del Santa Cecilia, del resto la collaborazione con il Romaeuropa Festival 2008 non poteva che andare in questa direzione.
L’orchestra e le voci sono guidate da Antonio Pappano, direttore musicale dell’accademia, che sulla scena divide le sue attenzioni tra un coro fatto di bestie giudicanti e impietose della vita della santa e le voci bianche che sono il ricordo e la speranza di quella stessa donna che sta per morire arsa e rivive il suo trascorso con ricordi confusi ma non deliranti. Il ruolo di Giovanna, che Honegger costruì per la ballerina Ida Rubistein, dimostrazione di quanto il musicista vedesse nella sua produzione un legame connesso alla fisicità, è, in questo allestimento, interpretato da Romane Bohringer, attrice conosciuta al pubblico cinematografico per il pluripremiato Notti Selvagge, che, nella regia di Keith Warner, è posizionata di fronte al pubblico sola, tutto è incentrato sulla sua figura, tutto si srotola e gira attorno a lei, ma è sola dietro la particolare sceneggiatura di Es Devlin, una sedia che di ripete costantemente come un tema, come la stessa Giovanna che si rivive in più momenti e con più funzioni. Anche se c’è un dialogo costante con il frate, interpretato da Tchéky Karyo, Giovanna non può che incontrare se stessa e il suo futuro di morte in solitudine, in questo destino riesce ancora a trovare il coraggio e la bellezza.
Honegger ha voluto dire con un linguaggio moderno quello che è uno dei simboli più cari allo spirito francese, in un momento storico in cui era necessario arrivare al pubblico in modo diretto, la prima messa in scena dell’opera risale al 1941. Giovanna è un tramite, il compositore svizzero, che si pose dichiaratamente contro le forme più insite del romanticismo Wagneriano, qui ritorna all’aspetto mitico e popolare e sviluppa e supera quelle stesse tematiche, per dire di come un popolo si faccia guidare con crudeltà verso un giudizio istigato.
Una scelta moderna con un allestimento moderno, un coinvolgimento totale del pubblico che ha modo di sapere dei pensieri ultimi della santa, di vedere i suoi ricordi dietro e di fronte a lei. Così è la scena: percorsa, piuttosto che da una costruzione sistematica, da guizzi che corrono confusi, non per Giovanna che sa, ma per noi che ci troviamo ad fronte ad un dramma. I personaggi si muovono da diverse angolature, stratificati nella storia come gli atti giudiziari che si posano sulla costruzione scenica con proiezioni, e la tragedia degli uomini si fa sempre più incalzante solo che la pulzella non vive nella disperazione del dramma personale è figura ieratica e umile. Del resto si tratta di un personaggio che ha suscitato l’indomita ispirazione artistica, basti ricordare la trasposizione cinematografica di Rossellini che aveva portato in scena l’opera di Honegger, e che è rimasta siglata nella pellicola del 1954 con l’interpretazione di Ingrid Bergman. Per questo motivo, la scelta di iniziare con Jeanne d’Arc au Bûcher ha guidato l’organizzazione dell’Auditorium a proporre anche una rassegna con la proiezione dei film dedicati a questa figura e alle diverse letture di questa da quella di Carl Th. Dreyer all’ultima di Bresson, del resto non poteva essere altrimenti la stessa partitura dell’oratorio di Honegger ha una visione cinematografica.