Miranda Saccaro, la sua arte è come “un contrasto tra una cosa morbida e un atto violento”
Dopo l’esplosione anche in Italia del fenomeno di Guerrilla Knitting, Miranda Saccaro, ospite della terza edizione di Interiora Festival Horror Indipendente, presente il 30 e 31 ottobre al Forte Prenestino - Roma. ha presentato un modo originale e divertente di “scolpire” con la lana.
di Rossana Calbi -
In Italia la lana ha scaldato L’Aquila grazie all’associazione Animammersa che ha promosso un’azione di urban knitting a tre anni dal terremoto che ha distrutto la città, mentre nella Capitale il Palazzo delle Esposizioni e lo Spazio Fontana, già nel 2010 in occasione del Festival del Lusso Essenziale, si riempirono di fili colorati. Miranda Saccaro rimpicciolisce questa forma d’arte e crea nuove soluzioni di rappresentazione artistica ricercando spunti nell’arte classica con uno humor nero e lo sguardo alla tradizione nordica.
Il progetto “Una testa non si taglierà mai da sola” è per la seconda volta in mostra, lo scorso anno presso Studio 21 Tattoo & Art Gallery di Salerno in occasione di Pupazzi Imbizzarriti e quest’anno a Roma ad Interiora, come si collocano in questo festival indipendente le tue teste e i loro piccoli assassini?
Il progetto è stato in mostra nella sezione di arti visive curata da Veronica D’Auria, che tratta il tema del ‘perturbante’. Per me questo tema è diventato un contrasto quasi fisico tra una cosa morbida, innocua, quotidiana come può essere una bambola, un pupazzo di lana e un atto violento, brutale, ma anche altamente simbolico e catartico.
Nello studio per la realizzazione di queste morbide teste mozzate ti sei raffrontata a personaggi storici e mitologici, quale storia ti ha più affascinato?
Direi che in tre casi su quattro la suggestione del taglio della testa del ‘mostro’ è, come già accennato, un atto simbolico e influenzato in modo massiccio dalla pittura e dall’iconografia classica delle tre coppie Perseo-Medusa, Giuditta-Oloferne, Davide-Golia. Il primo passo, una volta capito che volevo realizzare quei personaggi e non altri, e stato guardare i quadri, le statue, insomma l’iconografia del personaggio. Nella coppia Maria Antonietta-Joseph Ignace Guillotin c’è un elemento altrettanto simbolico, ma più umano e politico per me.
Su un piano personale e puramente istintivo, la mia preferita è la coppia Giuditta-Oloferne.
L’uncinetto è stato fino a ora sempre assimilato all’artigianato antico, a cose graziose a volte anche un po’ kitsch, sicuramente troppo femminili, come ti è venuto di ribaltare questa prospettiva?
Non so, diciamo che in linea di principio non trovo nulla di male in qualcosa che è antico, kitsch e femminile e la prospettiva è stata ribaltata da molti altri prima di me. Diciamo che senza l’artigianato antico non ci sarebbe stato quello moderno, e soprattutto senza il contrasto con gli usi tradizionali non ci sarebbero degli usi ‘innovativi’. In realtà, quello che apprezzo maggiormente dell’uncinetto, la maglia, il ricamo, ma anche della falegnameria, lavorazione dei metalli e della ceramica, attività considerate un po’ antiche, è proprio il loro essere antiche e rimandare a una dimensione in cui le attività manuali erano necessarie e indispensabili, per esempio per coprirsi e vestirsi. Sicuramente i termini per ribaltare una prospettiva sono fisiologici e intrinseci prima di tutto al mezzo e ai meccanismi di produzione di un oggetto. Oggi sarebbe impensabile una produzione interamente manuale di abiti, ad esempio, quantomeno a prezzi accessibili, ed ecco che vecchie tecniche si reinventano e trovano usi nuovi. Penso ai modelli dello spazio iperbolico della matematica Daina Taimina (Cornell University) e del progetto (correlato) CCR (Crochet Coral Reef, barriera corallina all’uncinetto) dell’Institute For Figuring di Los Angeles, tanto per tirare in ballo un campo, quello della matematica e della scienza, che a prima vista (ma solo a prima vista) sembra avere poco a che fare con quello di cui stiamo parlando. Ovviamente venendo meno il fattore ‘necessità’ e subentrato quello di ‘piacere’: trovo che per me sia più divertente fare teste piuttosto che, per dire, presine, anche se a volte faccio anche quelle per piacere, perché sono un esercizio di concentrazione e vuoi o non vuoi sono comunque utili. Quindi non si tratta tanto di valore assoluto ma di fare quello che in quel momento ti fa stare meglio, a volte sono teste mozze altre volte presine - che poi la mia infanzia è stata piena di presine fatte all’uncinetto da mia nonna, e sicuramente la mia crescita ne ha giovato!
Oltre alle teste mozzate i tuoi personaggi prendono vita dal mondo musicale, gli Anathema e i Beatles, cosa ascolti mentre sferruzzi?
Diciamo un po’ di tutto, dal metal al pop. Adoro gli Slipknot e gli Smiths, e qualsiasi cosa mi faccia pensare e stare bene mentre la ascolto. La musica è una grande fonte di ispirazione e di suggestione, e inoltre per me è anche un buon modo per rimanere concentrata e focalizzare l’attenzione su una cosa alla volta.
La street art qui in Italia finalmente prende piede riuscendo anche ad avere una connotazione tutta al femminile. I graffiti di lana sono arrivati anche alla Triennale Design Museum di Milano grazie a Magda Sayeg, una dei fondatori del collettivo Knitta Please, dimostrando che i ferri da maglia non servono solo a fare golfini. Cosa ne pensi di questa nuova invasione di lana nelle città di tutto il mondo?
È sicuramente una cosa positiva e stimolante, già ben radicata all’estero soprattutto nel mondo anglosassone che in questo tipo di manifestazioni è all’avanguardia. Amo l’approccio molto personale e in qualche modo diverso nei confronti dell’artigianato e anche nei confronti della partecipazione popolare a temi sociali e politici, in modo radicale e leggero.