Porto Ercole. Il corpo di Caravaggio è dentro l’antica chiesetta di sant’Erasmo?
”È una bufala”, risponde perentorio il parroco, Don Adorno.
O nell’ossario comune del cimitero di San Sebastiano?
L’interrogativo in questi giorni rimbalza a mo’ di tam tam tra gli esperti dell’artista e tra la gente del paese. Scettica. Convinta. Curiosa.
Ma poco importa all’archeologa Giovanna Anastasìa secondo cui, tra pochi giorni, sapremo tutto: “C’è un comitato che, da marzo scorso, sta lavorando sulla faccenda, è patrocinato dal Ministero del Turismo e dai Beni culturali.
Stanno indagando anche i RIS, il reparto investigativo scientifico di Parma”. Abbiamo trovato dei discendenti dell’artista” - spiega l’archeologa - e analizzeremo scientificamente, con il test del DNA, le ossa. Crediamo siano o sotto al pavimento della chiesina, nella cripta, riempita di calcinacci in seguito a ristrutturazioni recenti, o nell’intercapedine dell’altare”.
Ma è difficile accedervi: sant’Erasmo è aperta solo per la messa della domenica mattina. E, comunque, bisognerebbe rompere la pavimentazione.
“O forse sono al cimitero, nell’ossario”, lascia aperto l’interrogativo Anastasia, prudente più che mai.
Ma fu proprio lei a ritrovare, nel 2001, durante alcune ricerche, il documento che attestava la morte del Caravaggio, ora conservato nell’archivio vescovile di Pitigliano: “Fu visionato dal Vaticano che ha condotto un’analisi crono-ortografica attestandone l’autenticità”. Quel “foglio volante” - ricorda la studiosa - era scritto su entrambe le facciate e conferma l’infondatezza della leggenda maremmana, ormai diffusa a livello planetario, secondo cui la morte di Caravaggio sarebbe avvenuta, a causa della malaria, sulla spiaggia della Feniglia, la lingua di terra che collega la terraferma al Monte Argentario”.
Ma non finisce qui. Anastasia giura di essere riuscita a riconoscere quel corpo nella fossa comune quando, nel 1957, l’allora parroco rinvenne la tomba con i resti del pittore: “Ero presente al momento del rinvenimento. Avevo dieci anni, ricordo tutto perfettamente. Durante i lavori urbanistici furono ritrovate una serie di sepolture riferibili soprattutto a pescatori provenienti da Procida trasferitisi qui nel ‘700. Tra esse fu rinvenuta la tomba di Caravaggio, con epigrafe in marmo riportante la stessa dicitura dell’atto: “lì 18 luglio 1609 morì Michelangelo Merisi da Caravaggio, dipintore”.
Afferma di averlo visto deporre in una cassetta di legno. “Avevo dieci anni, con me c’erano anche due testimoni - racconta - “Michelangelo Merisi era avvolto da un abito con i fregi di Malta, per questo da subito non ho avuto dubbi, era inconfondibile, ed io ho una memoria fotografica sviluppatissima”.
Ma bisognerà attendere ancora qualche ora: lei non si sbilancia sulle ultimissime verità. E l’équipe di studio ha scelto il silenzio stampa fino a quando non ci saranno prove concrete.