Testata di informazione sul mercato dell'arte e la cultura

Articoli News Spettacolo Restauro Design Fotografia Antiquari, Gallerie e Musei
Aste Europee Aste Italiane Aste Extra Europee Aste Press&Top Lots Rassegna Stampa Libri e Riviste

26 Gen 2013

MPS: STORIA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

 Non è solo un problema di incursioni della politica nel sistema bancario. Ma è molto, molto di più…

Informarezzo.com.com - Paolo Casalini -

Agli inizi degli anni 90, subito prima di mani pulite, il sistema MPS godeva di ottima salute. Era una banca da tripla A e qualche più: ben capitalizzata, ben gestita, perfettamente armonizzata col territorio. Ma cosa è successo in questi ultimi 10 anni, per averla ridotta a far sottoscrivere un aumento di capitale allo stato italiano (aumento che come prevedibile, non verrà mai rimborsato), trasferendo nelle mani del tesoro il controllo sulla banca? La città di Siena si è sorretta negli ultimi 400 anni, grazie agli utili che la sua banca rastrellava nel resto del paese, e ciò avveniva attraverso la sua fondazione, che era il perno di un sistema di istituzioni alimentato dagli utili dell’azienda di credito. Ospedale, università, sport, cultura: tutto finanziato dalle casse di una realtà che nel Partito democratico aveva ed ha la sua regia.

LA VERITA’ SUL “GROVIGLIO ARMONIOSO.

Negli anni scorsi i vertici del “pianeta Monte” (Banca e Fondazione), con il pieno consenso del potere politico dominante a Siena, il cosiddetto “groviglio armonioso”, cercarono di acquisire una dimensione nazionale di rilievo nel panorama finanziario. La definizione soave “Groviglio Armonioso”, ce la scodellò invece il potente capo della Massoneria toscana, Stefano Bisi. La banca però, e lo si scopre solo oggi, ha perso negli ultimi vent’anni 27 miliardi di euro: ovvero tutto il suo capitale, indebitandosi per oltre 8.

Dichiara un senese celebre, Alessandro Nannini ex pilota di F1: “Forse qualcosa si poteva fare col senno di poi: non si doveva far entrare Massimo D’Alema”. Definizione un po’ semplicistica, anche se nasconde un fondo parziale di verità.

La più antica banca del mondo, nata vent’anni prima che Colombo scoprisse ufficialmente l’America, uscita indenne dalle più grandi crisi economiche dell’umanità e da due guerre mondiali, non sta reggendo davanti all’incapacità dei suoi dirigenti. Il risultato è un’implosione dell’istituto che oggi ha reso noti i suoi guai: 8, 4 miliardi di euro.

Ma il groviglio armonioso è molto più profondo. La verità è che a Rocca Salimbeni sono tutti rappresentati: partiti, sindacati, chiesa, Opus Dei e massoneria. Questo è il vero groviglio armonioso e tutti hanno il loro bel tornaconto. Se il berlusconiano Denis Verdini ha avuto bisogno di qualche milione per far fronte alla bancarotta della sua ex banchetta personale, il Monte è intervenuto discreto e generoso. Per non dire dei 200 milioni o giù di lì, raccolti in tutta Italia, ma distribuiti dalla Fondazione a pioggia intorno a Piazza del Campo per garantire il benessere dei suoi 55 mila abitanti… o del miliardo di euro distribuito a piogga agli enti locali negli ultimi 10 anni.

In realtà c’è da chiedersi, e con ragione, se è il sistema politico a condizionare il pianeta Monte, o se è il Monte ad aver consizionato e pesantemente la politica locale e la Toscana in generale. Ma è un po’ come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. Ai tempi della DC a Siena governava Alberto Monaci (corrente De Mita). L’uomo che quando la DC scomparve, riuscì ad acquistare il palazzo del partito tramite la moglie Anna (14 stanze in un palazzo signorile in piazza del Campo, 309 metri quadrati su due piani) per 294.000 euro attuali.

Quando nacque il Partito Democratico,  gli ex-Ds  (in particolare la corrente interna della CGIL) di Siena, soprattutto con la segreteria di Franco Ceccuzzi, dovettero scendere a patti con il clan Monaci se volevano governare ancora. Questi erano gli accordi: Franco Mussari presidente della Banca Monte dei Paschi (area ex-Ds); e il ragionier Gabriello Mancini (ex DC, uomo di Monaci) alla Fondazione. La spartizione prevedeva quindi la candidatura a sindaco di Siena di Ceccuzzi (PD ma senza primarie) mentre la carica di consigliere regionale e quindi di presidente del consiglio regionale per Monaci.

Ad ogni scadenza politica, Ceccuzzi e Monaci trovavano la quadra. Così sul presidente della Regione Toscana e sul segretario regionale Pd, i due decisero di votare e far votare all’unisono Enrico Rossi governatore e Andrea Manciulli segretario toscano. Alberto Monaci ebbe così garantita la poltrona di consigliere regionale nel listino del governatore Rossi, listino da cui potè quindi agevolmente accedere alla poltrona di presidente del Consiglio Regionale.

E’ un groviglio armonioso che si estende e si ramifica in tutta la Toscana felix, che condiziona per esempio la composizione della giunta regionale, ne determina le scelte, ne condiziona le presenze. Come non rammentare l’esclusione del nostro Vincenzo Ceccarelli, recordman di voti personali in regione, per far posto a Ceccobao, senese doc? Come non leggere il medesimo groviglio, nell’ingente volume di aiuti economici stanziati dalla regione Toscana verso la provincia di Siena (solo 10 giorni fa 100 milioni di euro) a sostegno di un tessuto industriale che non c’è? E qualche annetto addietro l’acquisto dell’ospedale (altri 200 milioni di euro) per salvare l’università?  E i continui finanziamenti per sostenere il Santa Maria della Scala? Paga sempre pantalone, cioè i cittadini italiani. Nessun altra città toscana è mai stata così pesantemente finanziata. Tanto possono i sensi di colpa per averla depredata e messa in ginocchio? Gli unici che non lo comprendono, per fortuna loro, son proprio i senesi. 

Ma fu sempre questo groviglio armonioso che fece si che il Monte acquistasse l’Antonveneta dalla Santander per oltre 9 miliardi di euro, quasi 3 in più di quanto pochi mesi prima l’aveva pagata agli olandesi la banca spagnola vicina all’Opus Dei. Qualcuno dice che corse una stecca da un miliardo e mezzo? La cifra sembra impossibile tanto è enorme, da apparire decisamente poco credibile. O fu solo velleitarismo da piccola capitale bancaria del mondo, ansiosa di scalare la terza posizione tra le banche nazionali, dopo Intesa San Paolo e Unicredit? «Noi siamo lupi, non pecore o orsacchiotti, come diceva Troisi, non ci facciamo mangiare, siamo noi che mangiamo», sentenziò l’allora sindaco Maurizio Cenni.

Certo non è un caso che in un comunicato della lista Ingroia a firma Fausto Tenti si dichiari: “La magistratura - per fortuna dell’Italia Onesta - è al lavoro e siamo certi che non mancherà di trovare riscontri a tutto ciò che ormai è voce di popolo: non avrà, ad esempio, bisogno di farsi suggerire da nessuno di andare a verificare i bonifici internazionali fatti dal MPS al momento dell’acquisto di Antonveneta per verificare se i destinatari di quel fiume di denaro fossero gli effettivi aventi titolo….Potrebbe emergere anche che l’affaire Monte dei Paschi non è solo il frutto della megalomania di un Mussari qualsiasi, ma il disegno preordinato di forti poteri economici e soprattutto politici nazionali: d’altronde, come disse il buon Fassino a suo tempo, “…abbiamo una banca? Abbiamo una banca…” e - si sa - two o three sono meglio che one…”

Ma questa non era la prima operazione rocambolesca al centro dello scandalo MPS. Qualche anno prima infatti, era stata acquistata per 2.500 miliardi di lire la Banca del Salento (poi banca121) e il dominus dalemiano Vincenzo De Bustis era andato a sedersi a Rocca Salimbeni con tutta la sua corte. A questo si riferiva Alessandro Nannini nella sua dichiarazione ?

Quando circa un anno fa scoppiò il caso MPS, il sindaco Ceccuzzi si trovò ad affrontare i miliardi di deficit del Monte dei Paschi. Il solo pensare ad un sindaco che si trova nella cabina di regia del terzo istituto finanziario del paese, è roba da far rizzare i capelli in testa. Ma Ceccuzzi non si perse d’animo e questa volta senza sedersi al tavolo con Monaci, decise da solo di lanciare la ristrutturazione della banca. Chiamò Alessandro Profumo alla presidenza, facendo saltare la vicepresidenza che Alberto Monaci aveva tenuto in caldo per il fratello Alfredo.

L’ira funesta del pelide Alberto travolse Ceccuzzi: il 21 maggio 2012 il sindaco fu sfiduciato e il comune commissariato, mentre il Monte dei Paschi veniva nei fatti travolto dall’inchiesta sull’acquisto dell’Antonveneta. E’ interessante rileggere il comunicato di Monaci, quanto mai criptico anzi direi quasi esoterico. Ecco il passaggio finale: È necessario, invece, tornare alle difficoltà di questa Storia, cioè quella che viviamo che giustappunto riguarda il futuro, non il nostro ma quello dei nostri figli. Le difficoltà vanno affrontate col confronto, anche aspro se necessario. Ma nella verità. Altre strade ci portano in una vicenda che sicuramente non mi riguarda, ma sono convinto che ragionando non riguarda nessuno degli interlocutori chiamati in causa.

Il governatore Enrico Rossi, da parte sua, aveva provato inutilmente a fare il pompiere, nominando un emerito sconosciuto come nuovo presidente del Core-com toscano: il signor Sandro Vannini, nel cui curriculum brilla solo un incarico di ufficio stampa alla Camera di commercio di Siena, ma anche l’amicizia di Alberto Monaci.  In qualunque altro paese al mondo, questi comportamenti travolgerebbero un amministratore pubblico. In Italia, ancora oggi possiamo considerarlo persona   corretta. Parafrasando un aforisma famoso: quando il sole dell’integrità e dell’indipendenza è basso, anche i nani appaiono giganti.

Oggi anche la Banca d’Italia prende le distanze: “La vera natura di alcune operazioni riguardanti il Monte dei Paschi di Siena riportate dalla stampa è emersa solo di recente, a seguito del rinvenimento di documenti tenuti celati all’autorità di vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di Monte Paschi”.  Cosa non vera, perché di quelle operazioni finanziarie, alcuni blogger senesi già ne avevano data notizia al marzo del 2012.

Ma questa è Siena.  Lo stesso giorno che i riflettori sono accesi sulla assemblea dei soci MPS, mentre il Sole24ore da resoconto minuto per minuto di quello che accade, i siti delle news senesi danno in prima pagina la nomina del nuovo priore dell’Aquila. Una città che è ben lieta che l’autostrada sia passata per Arezzo, così come è lieta che l’elettrificazioni delle ferrovie si fermi a Chiusi. Una città che preferirebbe che la Novartis si levasse da lì (Novartis è quella azienda faramaceutica che ha venduto gli inutili vaccini per la Sars allo stato italiano per  800 milioni di euro) solo perchè ci lavora anche personale non senese. Una città che sta facendo fatica a capire che il mondo le sta cambiando attorno, chiusa nel suo magnifico isolamento, nel silenzio ovattato del medioevo. 

Questa è però anche l’Italia delle fondazioni bancarie, società apparentemente senza fini di lucro, esonerate anche dal pagare l’IMU, che con 4 spiccioli controllano la quasi totalità della finanza della nazione.

Ma forse non è ora che entriamo anche noi nel mondo civilizzato ? �