I DOPPIATORI FANNO LA VOCE GROSSA CONTRO LAVORO NERO ED EVASIONE: “MERCATO ORMAI SELVAGGIO, SERVONO REGOLE E CONTROLLI”
Il Messaggero, dl Gloria Satta -
Il doppiaggio fa la voce grossa. Mettiamo ordine in un settore dominato da irregolarità, approssimazione, evasione: è l’imperativo che guida il rinnovo del contratto collettivo degli attori italiani impegnati a dare la parola ai colleghi stranieri di cinema e tv.
Sono un migliaio di professionisti, concentrati soprattutto a Roma, e stamattina si riuniranno al Teatro Arcobaleno per discutere sul futuro di una categoria che muove un business stimato tra i 60 e gli 80 milioni di euro all’anno. Nel doppiaggio, l’Italia è sempre stata all’avanguardia. Il grande cinema americano di James Stewart, Errol Flynn, Rita Hayworth, Greta Garbo venne introdotto da noi negli anni Trenta dalla virile voce di Gualtiero De Angelis e dal sublime birignao di Tina Lattanzi. Nei Sessanta-Settanta il pubblico ha imparato ad amare De Niro e Stallone grazie al talento di Ferruccio Amendola e si è invaghito di Woody Allen-Oreste Lionello.
Oggi la gente conosce i doppiatori superstar come Roberto Chevalier che dà la voce a Tom Cruise, Francesco Pannofino che parla per Clooney, Luca Ward (Russel Crowe), Emanuela Rossi alter ego italiana di Nicole Kidman, Maria Pia Di Meo in tandem con Meryl Streep. Per non parlare di Giancarlo Giannini, da sempre voce italiana di Al Pacino. L’industria del doppiaggio, che sopravvive malgrado la crisi, tuttavia è tenuta in piedi da centinaia di attori meno conosciuti che rendono commerciabili film, fiction, soap, cartoon.
E tra le rivendicazioni della categoria c’è l’adeguamento economico all’attuale costo della vita. «Ma l’aumento della paga non è la nostra battaglia principale, anche se rappresentiamo manodopera altamente specializzata che ottiene ricavi minimi rispetto agli utili che produce», afferma Danilo De Girolamo, leader dell’Anad, l’associazione in cui si riconoscono 300 doppiatori. «Noi pretendiamo innanzitutto trasparenza e controlli in un settore che lascia troppo spazio al lavoro nero, all’evasione contributiva e fiscale». Per una ventina di imprese stimate che pagano la previdenza e le tasse (solo alcuni tra i nomi più noti: Pumais, Cdc Sefit Group, Cast, Video-sound, Technicolor Sound, Juppiter, Logos, Merak Film, Studio PV…), ne esistono più del doppio che, scavalcando le regole, possono permettersi di offrire prezzi stracciati.
Doppiare un film medio costa trentamila euro? Chi lavora in nero ed evade i contributi può fornire il prodotto a dieci-dodici. «Si tratta di concorrenza sleale in un mercato che è diventato selvaggio», insorge Dario Viganò, presidente delle industrie tecniche dell’Anica e titolare dello Studio PV. «Noi imprenditori siamo al fianco dei doppiatori nel chiedere il rispetto delle regole. E prezzi fissati per smascherare il mondo sommerso che prospera grazie alla scorrettezza di certe imprese e alla connivenza di lavoratori poco onesti. Quanto all’aumento delle tariffe, chiediamo di considerare questo momento difficile in cui tutti dobbiamo fare sacrifici. Pretese esagerate porterebbero molte società a chiudere».
Che vadano esercitati controlli ferrei è d’accordo anche Maurizio Ancidoni, ad di Cdc Sefit Group con studi in via Margutta. «Bisogna assolutamente mettere ordine in un settore in cui la deregulation regna sovrana», afferma. Mentre molte aziende denunciano un nuovo pericolo: la diffusione dei broker che s’inseriscono tra società di doppiaggio ecommittenti (grandi distribuzioni, reti tv) garantendo il prodotto finito, con conseguente contrazione dei prezzi. Ma quanto guadagna un doppiatore? Difficile fare i calcoli: alla paga base di 95 euro lordi per un turno di tre ore va sommato il numero di righe da recitare che varia da film a film, da fiction a fiction. Un professionista collaudato arriva a 300 euro lordi per tre ore, mentre i big possono aggiudicarsi, grazie ai contratti ad personam, dieci-quindicimila euro a film (una settimana o poco più di lavoro). In discussione in questi giorni c’è anche la possibilità che i doppiatori si accordino direttamente con i distributori cinematografici e con le tv. «E’ un’ipotesi giuridicamente impraticabile», osserva Ancidoni, «senza pensare che i nostri committenti non hanno nessuna voglia di occuparsi di doppiaggio. Il lavoro lo vogliono chiavi in mano, ed eseguito a regola d’arte»
3 Comment(s)
By a.tuttle on Feb 4, 2012 | Reply
Questo articolo sembra uno spot promozionale per alcuni a scapito di altri. Ma tant’è. Tra l’altro non sapevo che il sig. Ancidoni fosse un raffinato giuslavorista viste le affermazioni sul ritenere “giuridicamente impraticabile” la possibilità di rinnovare il contratto del doppiaggio con chi ha la proprietà del lavoro invece che con le strutture di servizio (organizzazione della produzione e stabilimenti). E’ comodo fare un contratto con se stessi, visto che le società sono composte da noi attori. E’ un conflitto di interessi che capirebbe anche un demente. Faccio il contratto, poi prendo un lavoro e dico all’attore, mio socio, “ehi, qui, o andiamo sotto tariffa o chiudiamo”, che contratto è? oppure: “mi dispiace, non mi pagano quindi non ti pago”. Insomma, questo giochetto ormai l’abbiamo capito, ed è per questo che praticamente all’unanimità noi attori abbiamo votato in assemblea davanti ai sindacati che il contratto lo si deve fare con i padroni del lavoro e non con chi fa un altro lavoro o con i caporali. E’come se vado a fare una posa a Cinecittà e mi paga il Teatro 5 o l’operatore che mi riprende o il fonico che mi registra, assurdo, no? Mi pagherà chi produce il film, giusto? con un contratto dove sta scritto quello che faccio, per chi lo faccio e per quanti soldi. Dico, ci vuole molto a capirlo, cari colleghi?
By zorro on Feb 10, 2012 | Reply
lapalissiano
By a.tuttle on Feb 11, 2012 | Reply
Pensierini del doppiatore
Il doppiaggio è un casino, ve lo dico io che ho cominciato a 8 anni, grazie ai miei genitori che invece di portarmi a squola mi portavano a battere
è così che ho imparato che il mondo del doppiaggio è diviso in due: le puttane da strada e quelle da bordello
quelle da strada si danno al primo venuto per qualsiasi cifra, quelle da bordello fanno società per evitare di stare per strada, ma poi per pagare le stanze abbassano il prezzo della marchetta
entrambe sono sfruttate dai papponi, in genere ex puttane, che controllano le società; quando le puttane interne non bastano chiamano quelle per strada e così si congruisce la lavorazione
ci sono poi altre figure collaterali: i kapò, che dirigono le prestazioni, le vigilatrici, che organizzano la turnazione delle puttane e assistono che le prestazioni vanno a buon fine, e i pusher, (gli adattatori, come si dice nell’ambiente, insomma, puttane mute) che forniscono il materiale necessario per le prestazioni orali
sì, i dialoghi sono come una droga che ti serve per andare avanti, senza le parole giuste da dire durante la marchetta una puttana è perduta; molte puttane che di bocca non ci sanno fare si mettono a fare i pusher, ma le altre le guardano con commiserazione perché è la prova che sono ridotte male; spesso i kapò spacciano roba d’altri come fosse loro e tutte le puttane gli fanno complimenti e sorrisini dimenando il culetto nel buio
le prestazioni avvengono in salette chiuse, spesso maleodoranti, e durano circa tre ore, anche se le puttane cercano di di fare più sveltine possibili per svicolare in altre salette per fare più marchette
ogni tanto le puttane chiedono di essere pagate di più, ma invece di chiederlo al cliente, lo chiedono alle ex puttane, ora papponi in cayenne o rangerover, che dicono loro di non esagerare altrimenti chiamano altre puttane
i papponi si fanno la guerra tra loro, abbassano il prezzo della marchetta e dicono alle puttane del bordello che c’è crisi e che gli altri papponi obbligano le loro puttane ad abbassare la marchetta e quindi o mangi la minestra o cambi mestiere, ma tanto dove vai che solo di bocca sai lavorare?
nel frattempo il cliente gode a prezzi popolari e spesso per risparmiare ancora propone un prezzo stracciato per una serie di marchette e il pappone, che ha paura di perdere il cliente, accetta; tanto mica è lui che deve dar giù di bocca, sei tu che a forza di tutte queste marchette non sai più chi sei, se mai l’hai saputo
però si sa, le puttane hanno bisogno dei papponi e fanno un sacco di smancerie per farsi notare ed essere chiamate a fare marchette e vivono nella paura di non piacergli più; per questo spesso come atto d’amore non gli chiedono i soldi delle marchette
ogni tanto i papponi si riuniscono e si inventano un tariffario per convincere i clienti a pagare di più e obbligano le puttane a dire che va bene, però poi non cambia niente perché la differenza se la pigliano loro
però la vita della puttana del doppiaggio ha i suoi lati belli, lavori solo di bocca e in fondo fai del bene a qualcuno, anche se a te non vuole bene nessuno
a volte penso che forse a squola era meglio se ci andavo