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Direttore Paolo Vannini - Direttore Editoriale Pierluigi Massimo Puglisi

26 Mar 2010

Venezia, 90 opere di Felice Carena a Palazzo Franchetti dal 27 marzo

felice-carena-lo-specchio-1928.jpg di Pierluigi Massimo Puglisi -

Una grande retrospettiva per Felice Carena, grande artista del Novecento, da ri -conoscere per le nuove generazioni di appassionati e studiosi, osannato tra le due guerre, una mostra individuale con 50 opere alla Biennale del 1926, principe dell’Accademia fiorentina, Accademico d’Italia e vincitore del Gran Premio alla Biennale del 1940, che si trovò tuttavia ad espiare nel dopoguerra, con un destino comune a molti altri intellettuali, l’ombra di una subdola rimozione sia ideologica che artistica.

Commissario Nazionale del Sindacato fascista di belle arti, Carena subì nell’immediato dopoguerra un processo per profitti di regime, come rammenta Fabio Bensi ” puramente tecnico e forse inevitabile, viste le importanti cariche che ricopriva-dal quale uscì completamente scagionato ma tuttavia molto provato nello spirito”.

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Un tentativo di emarginazione solo in parte riuscito, perché per fortuna i mercanti, i collezionisti, gli appassionati e una parte degli studiosi, sono stati e sono generalmente poco inclini ad accogliere il preconcetto ideologico, anzi al contrario casomai sensibili ad ogni forma di riscoperta verso ciò che diventa per via naturale o che deve diventare per via forzata, emarginazione e dimenticanza culturale e quindi “antichità o anticaglia”.

Il mercato infatti dell’arte non ha mai trascurato le opere di Carena, che hanno mantenuto sempre ottime e ovviamente crescenti quotazioni, più elevate specialmente per le opere di maggior rilievo molto rare da reperire e che negli ultimi trent’anni sono transitate nel mercato antiquario, per  entrate - come già avvenuto nell’ante guerra - a far parte di collezioni importanti.

Si deve per esempio anche alla costante attenzione per le sue opere da parte di Lucia Stefanelli Torossi nella sua piccola Galleria Arco Farnese di Via Giulia a Roma, presente per molti anni nelle più note mostre di antiquariato, se l’artista non fu mai dimenticato.

Sacrosanto che sia proprio Venezia, dove l’artista visse dal 1945 fino alla morte avvenuta nel 1966 a dedicare una grande mostra a Carena in quanto fu un protagonista indiscusso del Novecento italiano; un omaggio all’artista di origini piemontesi che scelse la Serenissima per trascorrere gli ultimi ma fecondi anni della sua carriera.

Promossa dalla Regione del Veneto, dall’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti e da Arthemisia Group, la mostra “Felice Carena e gli anni veneziani” si terrà dal 27 marzo al 18 luglio 2010, nella prestigiosa sede di Palazzo Franchetti.

A cura di Virginia Baradel e con un comitato scientifico di prestigio composto, insieme alla curatrice da Luigi Cavallo, Elena Pontiggia, Nico Stringa , l’evento, coordinato da Stefano Cecchetto, riunisce oltre 90 opere provenienti dai maggiori musei italiani e da collezioni private, tracciando la parabola di una biografia artistica che si snoda dai primi anni torinesi sino alle struggenti Pietà e alle sontuose Nature morte degli ultimi anni.

A distanza di quindici anni dalla rassegna svoltasi a Torino nel 1996, anche quella con 90 opere in catalogo,la mostra veneziana è la prima importante occasione per riscoprire e rivalutare il Maestro attraverso una rilettura critica aggiornata, con attenzione agli anni veneziani e ripercorrendo altresì la sua lunga attività pittorica, ricca di richiami e di soluzioni stilistiche in continua evoluzione.

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In mostra capolavori esemplari, come I Viandanti (1908-1909, GAM, Udine), Ritratto di un sacerdote (1913, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, Venezia), Bambina sulla porta (1919, Fondazione Giorgio Cini, Venezia), La Quiete (1921-1926, Banca d’Italia), Gli Apostoli (1924, GAM Palazzo Pitti, Firenze), La scuola (1927-1928, Monte dei Paschi), Uomo che dorme (1938, Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma), Teatro popolare (1933, GAM, Milano); e molte importanti opere inedite o mai esposte tra cui la bellissima Deposizione (1938-1939), eccezionalmente prestata dai Musei Vaticani, la Fuga in Egitto (1940), il Ratto delle Sabine (1942) e il nucleo centrale del discusso dipinto Dogali (1936), recentemente ritrovato ed esposto come novità assoluta in questa occasione.

La Scheda:

Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti 27 marzo - 18 luglio 2010

Mostra a cura di Virginia Baradel Promossa da Regione del Veneto, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Arthemisia Group

Informazioni: Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti T 041 2407711

Orari: Tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00

Biglietti: Intero euro 9,00, Ridotto euro 7,50, Ridotto scuole euro 4,00

Uffici Stampa

Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti: Anna Zemella M +39 335 5426548 T +39 0415208493, [email protected]

Arthemisia Group: Alessandra Zanchi, M +39 349 5691710 - [email protected] Ilaria Bolognesi, M +39 393 9673674 - [email protected] T +39 02 6596888 T +39 0721 370956 [email protected]

Marsilio Editori, Chiara De Stefani

Nota biografica su Felice Carena

Felice Carena nasce il 13 agosto 1879 a Cumiana, presso Pinerolo, da una famiglia borghese della provincia torinese. Studia all’Accademia Albertina di Torino, dove segue i corsi di Giacomo Grosso. Frequenta l’ambiente intellettuale e letterario della città, si lega a Giovanni Cena ed Enrico Thovez, finché non si trasferisce a Roma nel 1906, entrando nel mondo culturaleromano.

Compie numerosi viaggi di studio in Europa (Parigi, Basilea, Monaco) e nel 1910 è già un artista di discreta fama. Affermatosi come una rivelazione nella Biennale del 1912, dove nonostante la giovane età ottiene una sala personale, diviene figura di spicco della pittura del Novecento.

Osannato tra le due guerre, principe dell’Accademia fiorentina, Accademico d’Italia e vincitore del Gran Premio alla Biennale del 1940, Carena si trova tuttavia ad espiare nel dopoguerra l’ombra di una subdola rimozione sia ideologica che artistica.

Nel 1944 abbandona la sua villa fiorentina, occupata dai tedeschi, e si ritira nel convento di San Marco che lascia l’anno dopo per trasferirsi a Venezia.

Nella città di Tiziano e Tiepolo e delle Biennali continua a dipingere sino alla morte circondato dall’affetto dell’adorata figlia Marzia e del vecchio amico Gilberto Errera. Venezia guarisce le sue ferite e gli offre una nuova stagione di vita e di ricerca.

Espone ancora alle Biennali del 1950, 1954 e 1956, e in numerose mostre in Italia e all’estero negli anni Cinquanta e Sessanta. Gli sono amici fedeli figure come Giuseppe Roncalli (futuro Giovanni XIII) e Vittorio Cini.

Nel 1951 dipinge una pala d’altare nella Chiesa di San Rocco, nel 1963 una Deposizione per la Chiesa dei Carmini. Continua un’intensa produzione pittorica che interrompe solo all’inizio del 1966 a causa di un grave disturbo alla vista. Il 10 giugno muore nella sua casa di fondamenta Briati (Dorsoduro). Per sua volontà lascia alla Galleria di Cà Pesaro alcuni dipinti e venticinque disegni e alla Fondazione Cini un gruppo di 60 disegni.

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